Verso Houston

Ormai direi che sappiamo che tutto ciò che sulla mappa sembra a una distanza accettabile, in realtà richiede ore e ore di autostrade sconnesse, limiti improbabili, camion che trainano camion, pick-up che trainano case e mustang che fanno sorpassi azzardati.

Quando siamo partiti dal nostro ridente campeggio di cemento a New Orleans, avevamo l’idea di arrivare a Lafayette senza troppe soste, in modo da fare un passaggio nel centro (imperdibile secondo Lonely Planet) e poi arrivare a Avery Island a visitare la fabbrica dove fanno il tabasco (tipo alle 14, secondo le nostre previsioni ottimistiche).

In realtà abbiamo avuto un problema col tubo di scarico delle acque nere (e ora capisco perché mio zio era categorico con il suo “no cacca sul camper”!) che ci ha monopolizzato per un po’ la mattina (e l’umore). Ci siamo fermati nella periferia di Lafayette, in un piccolo e molto fornito negozio di ricambi per case mobili, dove Dave “Bud” Hober ci ha prontamente venduto un nuovo kit di scarico acque nere per la modica cifra di dollari 75.

Abbiamo pranzato in un posto rosso e bianco specializzato nei po’boy, sandwich tradizionali della Louisiana a base di roast-beef e pesce fritto.

Avery Island, a circa 45 minuti da Lafayette, è un’oasi costruita sopra una miniera di sale oggi in disuso e il luogo in cui viene prodotto il tabasco.

Abbiamo visto tutte le diverse fasi della produzione e la serra dove selezionano i peperoncini. Al termine del giro, all’interno del negozio di souvenir dove si trova persino la carta igienica con il logo tabasco, c’è un banco dove si possono assaggiare tutti i tipi di salsa che producono, rigorosamente in ordine da strong a mild (che poi mild non è). Fra le altre cose, abbiamo assaggiato anche il gelato al gusto tabasco (che se non avevamo mai assaggiato prima, forse una ragione c’era).

Al momento di ripartire, stava piovigginando la solita acqua calda a gocce grosse del pomeriggio. Quattro ore di strada e poi saremmo arrivati a Houston.

In realtà, anche questa volta il tempo si è dilatato molto e ci abbiamo messo molto di più di quanto non avessimo previsto. Alle otto ci siamo fermati in un campground nei pressi di Liberty che non era un campeggio, ma un vero e proprio spazio per chi vive nelle case mobili. Ci ha accolti un signore simpatico, che aveva molta voglia di parlare, e che ci ha raccontato che ha lavorato tutta la vita come tecnico elettricista sulle piattaforme petrolifere, fino a quando – montando una trivella – non ha perso un braccio. Da allora, circa il 2000, si è comprato 400 acri di terreno su cui ha messo dei pannelli solari e gestisce questa area. Quando gli abbiamo detto che siamo italiani, ha sfoderato tutta la conoscenza delle città in cui è stato, fra cui – chissà come – Reggio Emilia.

Come direbbe Elio: immaginatevi l’America quella pura, quella PIÚ pura… ecco, noi eravamo lì. Alla fine non ci ha fatto neanche pagare la notte.