Come early, stay late and get loud!
Abbiamo fatto mille valutazioni prima di decidere se partecipare i meno al rodeo BBB (Bulls, Bands and Barrells) che era in programma ieri sera a Fort Worth. Indecisi perché non sapevamo cosa aspettarci, anche se sapevamo che cruento (almeno verso gli animali) non sarebbe stato. In più, il bambino X frenava gli istinti, millantando non so bene quale paura nel vedere persone a cavallo dei tori. Alla fine, dopo diversi tira e molla e passaggi alla biglietteria (e dopo aver capito che avevo sbagliato a calcolare il giorno della partita dei Dallas Cowboys), Ziveri è tornato brandendo quattro biglietti che ci hanno assicurato un’ottima visuale su uno spettacolo davvero divertente e che mai mi sarei aspettata.
Intanto eravamo al chiuso, in una specie di grande stadio con al centro il campo di terra battuta e le sedie tutte intorno con – da una parte – un palco per la musica dal vivo e – dall’altra – i cancelli da cui uscivano i tori e i cavalli.
Lo speaker fa partire lo spettacolo alle 19 in punto, ringraziando tutte le persone che rendono possibile la realizzazione dell’evento: pompieri, personale medio, organizzatori, polizia. Segue un saluto e un applauso per chi ha servito (o serve) nelle forze armate americane e un saluto per chi è texano, per chi non è texano e, infine, per chi non è americano.
Poi ci si alza tutti insieme per una preghiera congiunta, a cui segue l’inno americano cantato da una ragazzina di 14 anni senza musica. Mentre canta, una ragazza percorre la pista a cavallo sventolando una bandiera americana, aumentando di ritmo man mano che l’inno procede. Tutti sono con il cappello sul cuore o la mano. Anche noi, che non c’entriamo niente, ci commuoviamo.

Poi lo show può iniziare, musica a palla e fuochi d’artificio danno il via a lampi di fuoco sulla pista, mentre via via vengono presentati i cowboy e le cowgirl che parteciperanno alla competizione.
Iniziano i bull riders, quelli che tentano di cavalcare il toro. Sul grande monitor viene il nome del “cavaliere” VS nome del toro e i tori hanno tutti nomi altisonanti e pensati per incutere timore. Tranne uno, che si chiamava spaghetti sweats.
La maggior parte dei partecipanti non va a punti perché sta troppo poco in sella; solo in quattro entrano in classifica e possono fare un altro round per tentare di avere più punti. I tori, una volta scaraventato il cavaliere, sembrano sciallati, si fanno un giretto per la pista e tornano al cancello, su suggerimento (mai troppo deciso) di un uomo a cavallo che indica la direzione.
Dopo è il momento dei bull fighters, che sono quelli che ho capito meno. Di fatto fanno con il toro quello che normalmente si fa con un cane per farlo giocare. Gli si parano davanti e poi lo schivano. Non sempre ci riescono, uno s’è preso una bella cornata, ma sotto alla casacca che sembrava da football, devono avere delle protezioni perché il tipo non ha fatto neanche una piega.
Ultima parte, quella del barrell. Questa è la specialità delle ragazze e c’era una bambina di 10 anni (!) e una donna che secondo me era più vicino ai 60 che altro. Tutte facevano andare il cavallo fortissimo, che doveva girare intorno a tre grandi bidoni senza farli cadere. La migliore ha fatto il giro in circa 12 secondi. Se non avete idea di cosa sia il barrell racing potete farvela qui.
Tutto è durato due ore, fra tifo sfegatato, musica molto a fuoco per alzare il morale e caricare gli spettatori.
Noi, che di base queste robe esagerate e molto maranza le amiamo, ci siamo divertiti moltissimo, abbiamo fatto il tifo e incitato i concorrenti, mangiando pop-corn e bevuto birrette, pentiti di non stare indossando anche noi cappello e stivali.
Al di lá del divertimento, una delle cose che mi ha colpito di più, è stata la partecipazione di persone di diverse età, ma tutte lì con la stessa passione. C’erano gruppi di amici, ragazze all’addio al nubilato, famiglie con bambini (anche molto piccoli), coppie di fidanzati, madri con figlie grandi e uomini anziani con grandi baffi.
È stato veramente bello: c’era il divertimento, c’era la gioia, c’era la partecipazione, c’era l’orgoglio.


